ROMA - «L´incontro di martedì? Non so se vi parteciperò» diceva il rabbino capo Riccardo Di Segni prima di chiudersi nel silenzio dello shabat, il sabato del riposo israelitico, e prima del «no, grazie» di D´Alema alla presentazione, prevista per martedì prossimo, del libro "Il problema Israele: diplomazia italiana e Pci di fronte allo Stato ebraico dal 1948 al 1973" dello storico Luca Riccardi. E la voce della massima autorità religiosa ebraica della Capitale tradiva l´imbarazzo dell´intero Ghetto. «È già successo che i ministri alla fine fossero impegnati» aggiunge l´assessore della comunità ebraica romana Luca Zevi che aveva organizzato la presentazione. «Certo, le dichiarazioni del ministro nell´ultimo mese e mezzo - aggiunge Zevi - non le ho trovate felici, anzi, un po´ a tutti sono sembrate infelici. Qualcuno ha parlato di atteggiamento antisraeliano di D´Alema». Riccardo Pacifici, vicepresidente e portavoce della comunità romana, questa volta butta acqua sul fuoco: «I dissensi con il ministro ci sono, ma conosciamo bene il dovere dell´ospitalità che per noi è sacra. Guai comunque a definire D´Alema antisemita, anche se la sua posizione sulla politica israeliana è sbagliata. Noi speravamo che lui venisse, per un dibattito aperto e franco, per un chiarimento con dibattito. Perché è il dibattere il sale della democrazia». E ancora: « D´Alema - dice Pacifici - ha messo assieme il confronto che esiste nel mondo ebraico italiano, tra destra e sinistra: tutti contro D´Alema. A difenderlo sono davvero in pochi».
«Chi aveva pensato al sit-in - spiega Victor Magiar, diessino ed esponente di rilievo della comunità ebraica romana - vedrà l´assenza di D´Alema come un successo: potrebbero pensare che la loro protesta era sensata, e magari lui ha avuto timore di venire». Magiar propone però una riflessione più ampia: «La comunità ha invitato D´Alema, ma il sentimento popolare si arrabbia quando lo sente parlare, e penso che a voltare le spalle non sia stata la comunità ma un pezzo di sinistra che ha dimenticato un pezzo della propria storia e della propria identità». Attriti con radici antiche, secondo Magiar: «Il problema nasce nei anni Cinquanta, quando un pezzo della sinistra scopre i nuovi nazionalismi arabi, e, seguendo Mosca, li battezza di sinistra, tradendo socialisti e comunisti degli stessi Paesi arabi e tradendo Israele con cui aveva rapporti politici, storici, affettivi e simbolici. È un pezzo di sinistra che deve fare pace con se stessa e con la propria storia». Perché solo un pezzo di sinistra? «Perché una parte di quest´area negli ultimi anni ha recuperato il proprio rapporto con gli ebrei italiani e con Israele, e penso a Walter Veltroni e Piero Fassino. Qualcuno però ha ancora una visione da guerra fredda, e tra questi c´è D´Alema. Dopo l´invito alla presentazione, D´Alema ha urtato la suscettibilità della quasi totalità degli ebrei: di fronte a osservazioni di merito, ha risposto con osservazioni sugli interlocutori, sfuggendo il merito. E il popolo del Ghetto ha deciso di esprimere il proprio malcontento con un sit in». Lei, Magiar, si è sentito offeso dalle parole del ministro? «Non mi offendo mai, ma rimango stupito dall´insistenza nel creare caricature degli ebrei».
Gabriele Isman, Repubblica, 20 gennaio 2007
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